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CONSIDERAZIONI SULL’APPLICAZIONE del REGOLAMENTO 333/2011/UE

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170112

Messaggio 

CONSIDERAZIONI SULL’APPLICAZIONE del REGOLAMENTO 333/2011/UE Empty CONSIDERAZIONI SULL’APPLICAZIONE del REGOLAMENTO 333/2011/UE




A cura del dott. Giovanni Tapetto1
PREMESSA

L’interpretazione applicativa del Regolamento fin qui data e presa in considerazione in modo diffuso, fissa alcuni punti:
1) Il regolamento è applicabile solo da detentori autorizzati (recuperatori) e non da produttori originari di rifiuti;
2) I detentori (recuperatori) autorizzati ad operazioni di recupero R4, sono soggetti obbligati all’applicazione del regolamento;
3) Le autorizzazioni ordinarie o semplificate attive al momento dell’entrata in vigore del regolamento, non limitano né impediscono l’applicazione necessaria del medesimo.

Rimangono alcuni aspetti sui quali rimane incertezza applicativa:
4) Il disposto dell’art. 6, comma 4 e cioè l’estensione dei soggetti obbligati all’applicazione del regolamento anche ai “demolitori di veicoli” ed ai “recuperatori di RAEE” che producono e cedono rifiuti;
5) La considerazione dei “rottami che hanno cessato di essere rifiuti” quale merce senza vincoli di destinazione;
6) La gestione delle aree interne agli impianti di recupero in correlazione al disposto del regolamento.

Emergono inoltre altri aspetti correlati all’applicazione del regolamento e legati alla gestione dei “rottami che hanno cessato di essere rifiuti” dopo l’uscita dall’impianto che li ha prodotti verso destinatari terzi con particolare riferimento agli effetti giuridici correlati alla “dichiarazione di conformità” ed ai suoi contenuti.



SULL’APPLICAZIONE ACCETTATA IN MODO DIFFUSO

Che il regolamento sia applicabile solo da detentori autorizzati e non dai produttori originari di rifiuti, è determinato dalla specifica definizione di detentore data dal regolamento che esclude il “produttore dei rifiuti” presente nella medesima definizione della 2008/98/CE ripresa dal nostro D.lgs 152/2006 all’art. 183, c.1-h).
Che i soggetti obbligati all’applicazione del regolamento siano, in prima istanza, i detentori autorizzati ad operazioni di recupero R4 deriva dal fatto che le attività previste dal regolamento e finalizzate alla produzione di “rottami che hanno cessato di essere rifiuti”, sono attività di recupero di metalli sotto ogni profilo e quindi, ancorché operate con la sola “ispezione visiva”, sono individuate dal codice R4 dell’allegato C alla parte IV del Dlgs 152/2006 e sono le sole che, precedentemente all’entrata in vigore del regolamento, consentivano la trasformazione di rifiuto-metallo in metallo-MPS e quindi, per diretta traslazione applicativa, sono le sole che consentono oggi di trasformare i rifiuti di ferro, acciaio ed alluminio in “rottami che hanno cessato di essere rifiuti”.

Le attività di recupero individuate dal codice R13 non rientravano prima, né rientrano oggi a giudizio dello scrivente, fra le attività produttrici di materiali diversi dal rifiuto derivante da cernita o selezione o frantumazione o macinazione o riduzione volumetrica.
Ciò in ragione del fatto che il disposto del comma 8 dell’art. 6 del DM 05/02/98 indicava operazioni fattibili nell’ambito della “messa in riserva” e quindi correlate ad operazioni di qualificazione del rifiuto ovvero di ricondizionamento ai soli fini del successivo trasporto per invio al recupero effettivo ed oggettivo ma non correlate alla produzione delle decadute MPS (si ritiene peraltro che, alla luce dell’aggiornamento dell’allegato C alla parte IV del Dlgs 152/2006, nota 5), operato dal Dlgs 205/2010, tali operazioni siano riconducibili solo al codice R12 per il quale necessita specifica autorizzazione).

Che le autorizzazioni ordinarie o semplificate attive al momento dell’entrata in vigore del regolamento, non limitino né impediscano l’applicazione necessaria del medesimo sta nella valenza di “Lex superior” attribuita ai regolamenti comunitari dalla gerarchia delle fonti di diritto e confermata da varie sentenze sia della Corte Europea sia della nostra Corte Costituzionale.

In regime di procedura semplificata, in conseguenza del disposto del comma 4 dell’art. 214 (ex Dlgs 152/2006) che considera “pro tempore” l’applicazione del DM 05/02/98 e del DM 161/2002 in attesa dell’emanazione di decreti ministeriali previsti dal comma 2 (mai emessi), consegue che il nuovo regolamento europeo, sostituendo con forza di Legge una parte del DM 05/02/98, entra di diritto nel novero dei riferimenti regolamentari dei commi 2 e 4 dell’art. 214.

In regime di procedura ordinaria ci si trova con un provvedimento autorizzativo a carattere amministrativo che non perde la sua validità sia in ragione del fatto che, giuridicamente, il regolamento europeo non interagisce nei confronti di un provvedimento autorizzativo sia in base al principio del tempus regit actum, che mantiene in vigore l’atto fintantoché non arrivi a scadenza ovvero modificato/accettato dalla Provincia competente.
In questo caso si verifica la possibilità, per gli autorizzati in tale fattispecie, di continuare a produrre MPS anziché “rottami che hanno cessato di essere rifiuti” ancorché tale situazione rimanga affatto virtuale e venga impedita di fatto dalle nuove regole imposte dall’applicazione del regolamento alle industrie metallurgiche destinatarie dei “rottami che hanno cessato di essere rifiuti” che, in ottemperanza al disposto del Regolamento 333/2011, accettano esclusivamente merce con tale qualificazione rifiutando le MPS.

Ai recuperatori dunque non rimane che adeguarsi e produrre “rottami che hanno cessato di essere rifiuti” dopo aver attuato ed attestato un sistema di gestione della qualità.



SULL’ART. 6, COMMA 4 DEL REGOLAMENTO

Di particolare interesse ed evidenza, rimane il disposto dell’art. 6, c. 4 che, a nostro avviso, genera una seconda fascia di soggetti obbligati individuabili nei “demolitori di veicoli” e nei “recuperatori di RAEE” che producono e cedono rifiuti:
4. Qualora uno dei trattamenti di cui al punto 3.3 dell'allegato I o al punto 3.3 dell'allegato II sia effettuato da un detentore precedente, il produttore si assicura che il fornitore applichi un sistema di gestione della qualità conforme alle disposizioni del presente articolo.

Il soggetto individuato dal disposto sta nel “produttore” che, secondo la definizione di cui all’art. 2-d), è “il detentore che cede ad un altro detentore rottami metallici che per la prima volta hanno cessato di essere considerati rifiuti”, e dunque la persona fisica o giuridica che produce il “rottame che ha cessato di essere rifiuto”;
a tale soggetto così individuato, il disposto assegna l’obbligo di assicurarsi: “che il fornitore applichi un sistema di gestione della qualità(…)”;
il fornitore indicato dal disposto è individuato in “un detentore precedente” cioè in una “persona fisica o giuridica che è (è stata) in possesso dei rottami metallici” e che li ha ceduti al “produttore” come tal quali cioè in qualità di rifiuti dato che, in caso diverso, il disposto non avrebbe indicato un “detentore precedente” bensì un “produttore precedente”.
Il disposto pone la condizione necessaria affinché il produttore sia messo nell’obbligo dell’accertamento, solo nel caso in cui (qualora), il detentore precedente (fornitore) abbia effettuato “uno dei trattamenti di cui al punto 3.3 dell'allegato I o al punto 3.3 dell'allegato II(...)”.

Le prescrizioni di cui ai punti 3.3 degli allegati I e II al Regolamento 333/2011 sono le medesime:
3.3. Ai rifiuti contenenti elementi pericolosi si applicano le seguenti prescrizioni specifiche:
a) il materiale in entrata proveniente da rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche o da veicoli fuori uso è stato sottoposto a tutti i trattamenti prescritti dall’articolo 6 della direttiva 2002/96/CE2 del Parlamento europeo e del Consiglio e dall’articolo 6 della direttiva 2000/53/CE3 del Parlamento europeo e del Consiglio;
b) i clorofluorocarburi delle apparecchiature eliminate sono stati catturati mediante un processo approvato dalle autorità competenti;
c) i cavi sono stati strappati o trinciati. Se un cavo contiene rivestimenti organici (materie plastiche), questi sono stati tolti ricorrendo alle migliori tecniche disponibili;
d) i fusti e i contenitori sono stati svuotati e puliti; e
e) le sostanze pericolose nei rifiuti non menzionati alla lettera a) sono state eliminate efficacemente mediante un processo approvato dall’autorità competente
.

Dall’enunciato di tale disposto si rileva che i fornitori (precedenti detentori) di rottami metallici sono individuabili esclusivamente nei recuperatori di RAEE e di veicoli fuori uso cui la lettera a) si riferisce in modo specifico e che le operazioni di trattamento elencate sono tipiche della c.d. “bonifica” del rifiuto pericoloso che lo trasforma in rifiuto non pericoloso ancorché ancora rifiuto.

Perché si realizzi la condizione posta dall’art. 6, c.4 è necessario che “uno dei trattamenti” indicati (quindi anche uno solo) venga effettuato e dunque, solo qualora si avveri tale condizione, il produttore che riceve rottami metallici destinati ad essere trasformati in rottami che hanno cessato di essere rifiuto, diventa soggetto obbligato a verificare che il fornitore abbia attuato un sistema di gestione della qualità e, conseguentemente, il fornitore (recuperatore di RAEE o di veicoli fuori uso), diviene soggetto obbligato ad attuare un sistema di gestione della qualità; ciò ancorché produttore di soli rifiuti non pericolosi.

Il fatto che un recuperatore RAEE o di veicoli fuori uso debba adottare un sistema di gestione della qualità secondo quanto disposto del Regolamento 333/2011, rientra in una logica di progressione normativa che origina dalle due direttive indicate alla lettera a) che, rispettivamente al comma 6 dell’art. 6 ed al comma 5 dell’art. 6, facevano carico agli Stati membri di incoraggiare l’adozione di “sistemi certificati di gestione dell’ambiente”.
Tale impegno è stato risolto dal nostro legislatore demandando al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, l’emissione di specifici decreti di agevolazione delle imprese4 per l’adozione di sistemi certificati di gestione ambientale, dei quali però non si ha notizia fatte salve le iniziative delle Camere di Commercio.
Nel merito dell’applicazione del disposto di tale comma (art 6, c.4 del reg 333/2011/UE), non si hanno notizie di comunicazioni precettive da parte della PA, salvo qualche rara eccezione, con la conseguente sostanziale disapplicazione da parte dei soggetti obbligati (recuperatori di RAEE e di veicoli usati) ed impossibilità di esercitare l’obbligo da parte dei produttori di rottami che hanno cessato di essere rifiuto in ragione del fatto che, qualora applicassero da soli il disposto senza l’avallo della PA, ne risulterebbero commercialmente penalizzati.

In questo frangente ci si chiede se la diffusa latenza d’intervento della PA possa configurare o meno una “omissione d’atti d’ufficio” correlata all’evasione delle competenze previste dall’art 197 del Dlgs 152/2006.


SULLA DESTINAZIONE DEL ROTTAME CHE HA CESSATO DI ESSERE RIFIUTO

Diversamente dalla gestione delle MPS che, secondo le prescrizioni del DM 5 febbraio 1998, erano destinabili solo all’industria metallurgica (precetto poco seguito nella realtà dato che se ne è sempre fatto commercio), il rottame che ha cessato di essere rifiuto non ha alcun vincolo di destinazione e può dunque essere gestito al pari di una qualsiasi merce: una oggettiva liberalizzazione che risponde peraltro alle esigenze dello specifico mercato.

Ciò deriva da due enunciati del Regolamento 333/2011:
1) la definizione di “partita” dell’art. 2-h), che la individua in “un lotto di rottami metallici destinato ad essere spedito da un produttore ad un altro detentore(…)
2) l’incipit dell’art. 3, dove si enuncia che i rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti “all'atto della cessione dal produttore ad un altro detentore”.
In entrambi, la figura di “un altro detentore” è indicata come un soggetto senza alcuna particolare configurazione professionale vincolante e dunque, solamente diverso dal produttore che ha generato i rottami che hanno cessato di essere rifiuto.
Inoltre va considerata la piena applicazione dell’art. 184 ter, c.5 del D.Lgs 152/20065 che limita l’applicazione della disciplina sui rifiuti fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Dunque, i rottami che hanno cessato di essere rifiuto sono merce a tutti gli effetti giuridici e destinatario dei medesimi può essere chiunque nell’ambito di un rapporto giuridico di compravendita.
SULLA GESTIONE DELLE AREE INTERNE AGLI IMPIANTI DI RECUPERO

L’incipit dell’art. 3 del Reg. 333/2011, già sopra ripreso, dove si enuncia che i rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti “all'atto della cessione dal produttore ad un altro detentore” pone due condizioni:
- che i rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti “all’atto della cessione”;
- che l’atto di cessione deve essere dal “produttore ad altro detentore”.

La prima di queste due condizioni di premessa obbligatoria, induce a ritenere che l’operazione di “produzione” dei rottami debba essere, necessariamente, un’attività correlata ed immediatamente precedente, se non contestuale, all’uscita del materiale prodotto dall’impianto, in ragione del fatto che l’atto di cessione è identificato nel “momento del trasferimento”6 ad altro detentore individuabile esclusivamente nella presenza di un documento di conferimento (bolla – documento di trasporto) che può esserci solo al momento della partenza del mezzo.

La seconda condizione induce a ritenere che il successivo detentore debba necessariamente essere diverso dal produttore della merce, una diversa ragione sociale che acquista e riceve il rottame che ha cessato di essere rifiuto.
Ciò comporta di conseguenza che una partita di rottame che ha cessato di essere rifiuto non può essere detenuta dal produttore della medesima partita e quindi non può essere depositata nell’impianto che l’ha prodotta.

In un impianto di recupero metalli ferrosi e di alluminio, al momento del passaggio alla gestione secondo il disposto del Regolamento 333/2011, erano presenti aree dedicate allo stoccaggio di rifiuti, altre aree dedicate alle operazioni di recupero ed altre ancora dedicate a deposito di MPS.
Le aree di deposito MPS, pur comunicate in forma semplificata7 od indicate in forma ordinaria8, erano aree di deposito di materiali esulanti dal novero di rifiuto cioè merci ordinarie.
In ragione del presupposto sopra esposto, che una partita di rottame che ha cessato di essere rifiuto è merce che non può essere detenuta dal produttore della medesima, si può concludere che oggi, in un impianto operante in regime di Regolamento 333/2011, non ci possono essere aree destinate al deposito di “partite di merci” ivi prodotte destinate ad altri detentori.
Tali aree possono altresì essere utilizzate, previa comunicazione alla Provincia di variazione del lay-out9, come estensione della “messa in riserva” dei rifiuti metallici ferrosi, di acciaio e di alluminio in attesa di recupero.
La condizione di utilizzo delle aree “ex MPS” come deposito di “rifiuti trattati in attesa di classificazione”, fase virtuale intermedia tra il trattamento (recupero) del rifiuto e la produzione di rottami che hanno cessato di essere rifiuto, è di discutibile attuazione in ragione del fatto che si viene ad operare in una situazione di incertezza tra rifiuto e non rifiuto in cui però, la normativa, identifica lo status esclusivo di rifiuto10 e quindi si porrebbe il problema di come individuarlo e gestirlo (Rifiuto ricevuto o prodotto? Stoccaggio o deposito temporaneo?) con conseguenze che potrebbero comportare modifiche/integrazioni autorizzative per compensare oggettive limitazioni all’attività produttiva.

Ci si chiede se le medesime aree o altre nuove aree possano essere destinate al deposito di partite di rottame che ha cessato di essere rifiuto, acquistate da terzi.
Va precisato che questo particolare aspetto esula dall’ambito giuridico della gestione rifiuti con tutte le conseguenze gestionali ed applicative ancorché vada necessariamente analizzata la possibile interazione tra gli ambiti giuridici.

Come conseguenza della liberalizzazione della destinazione dei rottami che hanno cessato di essere rifiuto, si rileva come la destinazione dei medesimi all’industria siderurgica comporti necessariamente dei passaggi obbligati per “più mani” in ragione dell’esigenza, posta dall’industria destinataria, di un rilevante dimensionamento quantitativo minimo per poter conferire e del correlato quanto necessario commercio preliminare a tale conferimento che vede i piccoli produttori di rottami che hanno cessato di essere rifiuto, “obbligati” a conferire solo per il tramite di commercianti. Con il termine di commercianti si individuano tutti i soggetti abilitati al commercio di rottami metallici (non rifiuti) cui corrispondono tutti i soggetti autorizzati anche al recupero di rifiuti non pericolosi costituiti da rottami metallici dato che tali rifiuti vengono, da sempre, acquistati per essere recuperati e rivenduti dopo il recupero.
L’attività di recupero rifiuti non pericolosi costituiti da rottami metallici e l’attività di commercio di rottami metallici sono dunque due attività intrinseche l’una all’altra ed affatto inseparabili.

In ragione di ciò riteniamo possibile dedurre ed affermare che in uno stabilimento11 in cui si esercita l’attività di recupero rifiuti costituiti da rottami metallici, indipendentemente dalla forma autorizzatoria ottenuta, viene sempre contestualmente esercitata l’attività di “commercio di rottami metallici”.
L’esercizio di tale attività d’impresa, abilitato mediante iscrizione e comunicazione alla Camera di Commercio, non è limitabile al solo commercio di rottami metallici costituiti da rifiuti in quanto non c’è, al riguardo, alcuna norma di Legge che lo preveda e si rimane dunque nell’ambito dell’esercizio della libertà d’impresa tutelato dalla nostra Carta Costituzionale12 e dalla L. 180/201113.
Ne consegue che il commercio dei rottami metallici che hanno cessato di essere rifiuto, può essere esercitato dalle aziende che effettuano anche il recupero di rifiuti costituiti da rottami metallici, nell’ambito delle sedi risultanti dall’iscrizione alla CCIAA.
Non essendoci alcuna prescrizione limitativa stabilita dal D.Lgs 152/2006, ex artt. 208 e 214-216, circa la presenza di attività diverse in un medesimo stabilimento ed incompatibili con l’attività di recupero rifiuti, le sedi di esercizio di tale attività possono essere sia sedi legali sia unità locali comunicate alla Camera di Commercio, ancorché coincidenti con sedi/siti in cui si effettui l’attività di recupero rifiuti.

In ragione di quanto sopra considerato nonché della definizione di stabilimento14 e di impianto15, si ritiene deducibile che le aree interne ad uno stabilimento possano essere singolarmente destinate alle diverse attività esercitate dall’impresa (impianto di recupero rifiuti non pericolosi costituiti da rottami metallici e commercio di rottami metallici nella fattispecie esaminata) a discrezione dell’impresa stessa fatto salvo il necessario rispetto delle condizioni poste dal provvedimento di autorizzazione ordinaria ovvero dall’art. 216, c.1, 2 e 3 e DM 05/02/98 e s.m.i..

SU ASPETTI CORRELATI

È un fatto che l’applicazione del Regolamento 333/2011/UE abbia rivoluzionato i rapporti amministrativi intercorrenti tra le amministrazioni dei conferitori di “rottami che hanno cessato di essere rifiuti” e le amministrazioni delle fonderie, acciaierie, ferriere ecc. che ricevono tali rottami già MPS.
Il motivo è determinato dalla documentazione imposta dal Regolamento in rapporto ai criteri di accettazione dei rottami storicamente in uso da gran parte dell’industria metallurgica.

Tali industrie infatti, ricevono il rottame conferito previo controllo di accettazione effettuato da “classificatori”, operanti all’ingresso delle aziende, specializzati nel riconoscere “ictu oculi” l’attribuibilità dei rottami conferiti a una o più delle classifiche CECA/CAEF/EUROFER/UNI cui l’azienda riferisce la contrattualità con i conferitori.
Tale operazione di “riclassificazione” comporta, in termini diffusi, la rivalutazione della classificazione effettuata dal recuperatore che conferisce riassegnando, in percentuale o in peso, l’intera quantità conferita a più di una classifica.
Esemplificando16: se un recuperatore si presenta all’ingresso della fonderia con un carico di 30 t di rottami identificati nella sua bolla accompagnatoria come CECA 07, il classificatore lo fa scaricare, verifica il rottame e lo riclassifica in, 80% CECA07, 10% CECA06, 5% CECA05, 5% CECA 04, riassegnando il peso alle nuove classi individuate.

Tale operazione è considerata dalle imprese destinatarie una “conditio sine qua non” per il controllo minuto del rottame destinato ad essere immesso nei crogioli mentre è considerata dai conferitori come una operazione meramente vessatoria volta a ridurre il valore economico del rottame conferito.
Verosimilmente, la verità sta nel mezzo ma il punto d’interesse di analisi giuridica si individua nelle fasi successive al conferimento e riclassificazione del rottame, più propriamente nella gestione amministrativa e va considerato in relazione alla nuova situazione amministrativo-documentale generata dall’applicazione del Reg. 333/2011/UE.

Infatti, i recuperatori-produttori di merce costituita da rottame metallico che ha cessato di essere rifiuto, conferiscono il rottame prodotto dopo aver attivato una procedura di qualità attestata da apposito organismo ed a seguito della redazione di una dichiarazione di conformità17, per ogni partita di rottame prodotto, che deve essere trasmessa al “destinatario successivo”18 anche in formato elettronico19.
Chiariamo subito che l’indicazione precettiva di “trasmissione” del documento al destinatario successivo, costituisce obbligo di consegna del documento all’acquirente del rottame ma non stabilisce un obbligo accompagnatorio del documento alla merce che viene quindi conferita a destinazione con l’ordinaria documentazione accompagnatoria prevista ed individuata nel documento di trasporto (ddt/bolla).

La dichiarazione di conformità prevista dall’art. 5 del Reg. 333/2011/UE, costituisce documento rilevante al fine della individuazione della cessazione dello stato di rifiuto, cui consegue la cessazione d’applicazione della disciplina di gestione rifiuti sulla partita di rottame cui riferisce20.
Tale documento contiene, obbligatoriamente, i seguenti punti:
1) Individuazione del produttore dei rottami costituenti la partita
2) La denominazione della specifica settoriale o di una norma ovvero (alternativo) delle principali disposizioni tecniche di una specifica del cliente
3) Dichiarazione di conformità della partita alle caratteristiche indicate al punto 2 (2a o 2b).
4) Il peso in tonnellate
5) Dichiarazione della compilazione di un certificato attestante la prova di radioattività
6) Dichiarazione di aver attuato un sistema di gestione della qualità
7) Dichiarazione che la partita di rottami è conforme ai criteri di cui alle lettere a) e c) degli art. 3 e 4 del regolamento
8 ) Dichiarazione, in fede, di completezza ed esattezza di quanto sopra dichiarato.

Di questi:
i punti 1), 2) e 4) individuano gli elementi minimi necessari di una partita: un produttore, un’attribuzione di specifica di settore/cliente, una quantità;
i punti 3) e 8 ) costituiscono dichiarazioni di “veridicità” di quanto indicato al punto 2 (attribuzione di specifica di settore) e di quanto indicato nell’intero documento.

Chiarito l’aspetto documentale correlato al conferimento dei rottami che hanno cessato di essere rifiuto, analizziamo le conseguenze della “riclassificazione” del rottame operata dall’industria ricevente.

La procedura amministrativa legata al conferimento prevede l’emissione di fattura di vendita del rottame da parte del conferitore, fattura che viene di norma riferita alla quantità verificata a destino ed alla classificazione attestata in partenza ed indicata sia nella bolla/ddt che nella dichiarazione di conformità, nonché alla misura economica contrattuale prevista per la classificazione originale.
La riclassificazione effettuata dal destinatario e l’attribuzione della quantità conferita a specifiche diverse rispetto a quella originariamente indicata dal conferitore, produce la riduzione del valore del rottame conferito e la conseguente richiesta di “nota di credito” da parte del destinatario-acquirente al recuperatore-venditore.

Operazione amministrativamente ineccepibile, salvo il fatto che nella richiesta di nota di credito (come attualmente diffusamente si verifica) non venga espressamente indicata, a motivo della richiesta che “il materiale conferito con la bolla nr ... del … per la quantità di kg…, risulta di qualità inferiore a quanto contrattualmente pattuito” o frasi similari.
Si ritiene infatti che una richiesta di rimborso (tale è una nota di credito) per una consegna non corrispondente (in tutto o in parte) a quanto contrattualmente pattuito costituisca, di fatto, una dichiarazione contraria, una “smentita” di quanto indicato nella bolla/ddt di conferimento e, soprattutto, di quanto attestato e sottoscritto dal produttore nella dichiarazione di conformità di cui al Reg. 333/2011/UE, “smentita” che viene inoltre normalmente accettata dal conferitore-venditore non fosse altro che per il minor peso contrattuale che riveste.

In ciò si manifesta, a nostro avviso, l’oggetto di necessaria considerazione, nel porre cioè l’interrogativo su cosa possa comportare il fatto che una dichiarazione di conformità di rilevante importanza giuridica venga smentita e la smentita accettata dal dichiarante:
- rimane una gestione di merci ed il fatto si riconduce ad un mero accordo tra le parti che produce la sola gestione di una “non conformità” nella gestione della qualità?
ovvero
- la smentita accettata, individua un’ammissione di “falsa dichiarazione” con la conseguente possibile nullità dell’atto ed il rientro nella disciplina dei rifiuti della partita conferita?

Si ritiene che risposta a tali domande la si ritroverà, forse, esclusivamente in giurisprudenza.

1 Giurista ambientale – Mediatore civile professionale - Consulente d’applicazione del D.lgs 231/2001 - Consulente alla sicurezza del trasporto merci pericolose (ADR) - Responsabile tecnico di gestione rifiuti – Amministratore Unico “Evoluzione Ambiente Consulenza e Formazione srl” .

2 Recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs 151/2005 sui RAEE – Art. 8, c.11
3 Recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs 209/2003 sui veicoli fuori uso – Art. 8, c.1-d)
4 Ex art. 8, c.11 del D.Lgs 151/2005 e art. 8, c.1-d) del D.Lgs 209/2003
5 Come modificato dal D.Lgs 205 del 2010
6 Il testo originale in inglese del Regolamento recita “upon the transfer from the producer to another holder” individuante in modo esplicito il “momento del trasferimento” dal produttore ad altro detentore
7 Ex artt. 214-216 del D.Lgs 152/2006
8 Ex art. 208 del D.Lgs 152/2006
9 Atto necessario sia in regime semplificato che ordinario in quanto costituisce modifica del “lay-out” comunicato al momento della comunicazione o della richiesta di autorizzazione.
10 Ex art. 184 ter, c.5 del D.Lgs 152/2006
11 Ex art. 268, c.1-h) del D.Lgs 152/2006 “stabilimento: il complesso unitario e stabile (…) in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività(…). Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività”.
12 Ex art. 35 e 41 Cost.
13 Legge 11 novembre 2011 nr. 180 - Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese.
14 Ex art. 268, c.1-h) del D.Lgs 152/2006 “stabilimento: il complesso unitario e stabile (…) in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività(…). Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività”
15 Ex art. 268, c.1-l) del D.Lgs 152/2006 “impianto: il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso destinato a svolgere una specifica attività, anche nell’ambito di un ciclo più ampio”
16 L’esempio è di pura invenzione
17 ex Allegato III al Reg. 333/2011/UE
18 ex art. 5, c.2 del Reg. 333/2011/UE
19 ex art. 5, c.3 del Reg. 333/2011/UE
20 ex art. 184 ter, c.5 del D.Lgs 152/2006
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